Immaginate un mondo in cui studiare non è più una scalata impervia, ma un percorso fluido grazie a "assistenti" digitali come ChatGPT. Secondo un recente sondaggio del Pew Research Center, un adolescente americano su quattro già lo usa per compiti e ricerche. E i college statunitensi, dopo un iniziale scetticismo, stanno abbracciando l'AI: ora la usano per correggere compiti in automatico e individuare precocemente gli studenti in difficoltà, offrendo aiuti personalizzati che potrebbero cambiare il volto dell'istruzione.
E in Italia ?’ Secondo dati recenti pubblicati a luglio 2025 da Il Sole 24 Ore, basati su rilevazioni Audicom-Audiweb, il 37% degli studenti italiani utilizza l'app di ChatGPT ogni mese.
Il fermento è palpabile, e non solo nelle aule. Il mercato delle soluzioni educative basate sull'AI è in boom: si prevede che raggiunga i 55 miliardi di dollari entro il 2030, spinto da una crescente domanda di strumenti innovativi. Pensate a tutor virtuali su misura, come Synthesis o Khanmigo, che adattano le lezioni alle esigenze individuali; o a sistemi di valutazione automatica che eliminano ore di lavoro manuale per gli insegnanti. Persino le piattaforme di Learning Management System (LMS) si stanno evolvendo con l'AI. Dietro queste tecnologie ci sono avances come il reinforcement learning (che premia i comportamenti corretti per migliorare l'apprendimento), i mixture of experts (sistemi che combinano esperti virtuali per risposte più precise) e il multi-token reasoning (che permette ragionamenti complessi su più elementi contemporaneamente). Ma è tutto rose e fiori? Non proprio. Una serie di studi condotti alla Wharton School dell'Università della Pennsylvania, coinvolgendo oltre 4.500 partecipanti, getta ombre preoccupanti. Chi usa modelli linguistici come gli LLM per ricerche quotidiane finisce con una comprensione più superficiale degli argomenti, producendo idee meno originali rispetto a chi si affida a un semplice Google. Il motivo? Quando le informazioni sono a portata di click, tendiamo a ricordarle meno, allontanandoci dall'"apprendimento attivo".
Come spiega la ricerca, lo sforzo cognitivo è essenziale per fissare la conoscenza: senza "sudore mentale", il cervello non consolida ciò che impara. E se spingessimo l'AI ancora più in là, affidando intere scuole a "insegnanti robot"? L'India ha già fatto il primo passo: a Thiruvananthapuram, una scuola Kerala ha introdotto "Iris", il primo docente IA del paese . Questo robot multilingue è potenziato da ChatGPT e risponde a domande su matematica, scienze e altro, segnando un milestone tecnologico per la nazione. A Londra, il David Game College va oltre: lancerà un corso interamente gestito dall'AI per 22 studenti minorenni, che prepareranno l'esame GCSE (l'equivalente della nostra maturità a 16 anni) indossando visori per la realtà virtuale. Niente prof in carne e ossa: una piattaforma personalizzata adatta lezioni e ritmi a ciascun allievo, con profili su misura. Il costo? Circa 30mila euro a testa. Per sicurezza, tre tutor umani saranno presenti a turno per supportare e supervisionare, ma l'idea di una classe "senza insegnanti" fa discutere. Dall'altro lato del continente, però, i paesi scandinavi stanno facendo marcia indietro. Dopo anni di entusiasmo per la digitalizzazione scolastica – tablet e PC in ogni banco – emergono effetti negativi. Uno studio del Karolinska Institutet rivela che leggere su schermo causa un ritardo di apprendimento rispetto alla carta stampata. Ambienti e materiali analogici offrono le migliori condizioni per sviluppare capacità di lettura e scrittura di base, ha dichiarato la ministra svedese dell'Istruzione, Lotta Edholm. Risultato? La Svezia ha stanziato 106 milioni di euro per reintrodurre libri di testo cartacei, mentre in. Le raccomandazioni sono chiare: divieto di social media per i minori di 13 anni e limiti agli smartphone nelle scuole fino alla decima classe. La discussione è accesa e globale.
L'Italia, ad esempio, è citata come modello positivo per il suo divieto di smartphone a scuola fino ai 14 anni, poi esteso nelle scuole superiori. L'AI promette di democratizzare l'istruzione, ma rischia di erodere le basi dell'apprendimento umano? Una cosa è certa: il futuro delle aule è in bilico tra innovazione e tradizione, e spetta a noi decidere da che parte pendere.
Prof Daniele Pauletto
autore di diversi libri sull'AI https://www.amazon.it/
Nessun commento:
Posta un commento